Comunità Ebraica di Roma: così lontana e così vicina.

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La Comunità Ebraica di Roma è in assoluto una delle più antiche: gli ebrei sono presenti a Roma da più di 2000 anni, e la loro storia si è sempre incrociata, nel bene e nel male, con i destini della Capitale.

Oggi vogliamo cercare di addentrarci in questa realtà integrante della nostra storia, antica e recente.

Breve storia della Comunità Ebraica di Roma.

I primi ebrei vennero a Roma già nel II secolo a.C.: nel 161, provenienti dalla Palestina, chiesero protezione a Roma, ed una piccola comunità cominciò ad insediarvisi.

Dal quel giorno, la prima esigua comunità ebraica visse vicende alterne: nei tempi di Giulio Cesare ed Augusto, era tenuta in gran conto, ma nei periodi successivi, con Nerone, Vespasiano e soprattutto Tito (che distrusse il Tempio di Gerusalemme), l’ostracismo verso di essa si fece molto aspro.

Addirittura l’imperatore Costantino, fautore della libertà di culto nell’impero, vietò agli ebrei di utilizzare gli uffici pubblici ed esercitare le professioni legali.

Le cose non andarono meglio durante il Medioevo, quando Innocenzo III impose agli appartenenti alla Comunità Ebraica di Roma di portare sugli abiti un contrassegno che li facesse riconoscere.

Bisognò attendere il 1500 perché Leone X gli concedesse la facoltà di aprire una tipografia e la prima scuola universitaria, ed il 1524 perché Clemente VII approvasse la Costituzione della Comunità Ebraica di Roma. Ma i problemi non erano finiti, perché 20 anni dopo il Sant’Uffizio confiscò tutte le copie del Talmud, perché considerate ingiuriose verso il Cristianesimo.

Insomma, gli ebrei a Roma non sembravano destinati ad avere pace, ed ancora pesanti prove li aspettavano.

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Ghetto di Roma: dalla segregazione alla rinascita.

La seconda metà del 500 per la Comunità Ebraica di Roma inizia nel peggiore dei modi, perché papa Paolo IV revoca tutti i diritti concessi agli ebrei romani, ed ordina l’istituizione del Ghetto (il cosiddetto “serraglio degli ebrei”) nel quartiere Sant’Angelo, accanto al Teatro Marcello.

Tutti gli ebrei avevano l’obbligo di risiedere in questa vera e propria “prigione a cielo aperto”, avevano il divieto di possedere immobili, e non potevano svolgere attività lavorative al di fuori di quella di commerciante o robivecchi. Se a tutto questo aggiungiamo l’ambiente malsano del quartiere (soggetto ai non rari straripamenti del Tevere) e le “prediche coatte”, che Gregorio XIII impose agli ebrei per convertirli, la situazione non era affatto rosea.

Dopo anni di alti e bassi, questo domicilio forzato sembrò avere fine nel 1798, con l’entrata di Napoleone a Roma: le porte del Ghetto vennero spalancate ed i Francesi qualificarono finalmente gli ebrei come cittadini a tutti gli effetti. Purtroppo Pio VII nel 1814 tornò nella Capitale e richiuse le porte del Ghetto, ripristinando le vecchie leggi. Con Pio IX la situazione migliorò leggermente: vennero smantellate le mura del Ghetto, e gli ebrei poterono circolare anche di notte, ma altri divieti restarono in vigore.

Nel 1870 finalmente, col Regno d’Italia, il potere temporale dei papi finì, ed il nuovo piano regolatore previde la demolizione di molti edifici e vicoli malsani del vecchio “serraglio”, che da quel momento cominciò una lenta ed inesorabile rinascita.

Dai primi del 900 la zona, che comunque continuò ad essere chiamata Ghetto, divenne residenza non più solo di commercianti, ma di professionisti ed artisti, e nel 1904 fu edificato il Tempio Maggiore, la più grande sinagoga d’Europa. L’integrazione fra Comunità Ebraica e Romana divenne sempre più stretta, e nel 1907 fu eletto sindaco Ernesto Nathan, un ebreo di orgine inglese che adottò progetto il primo grande piano regolatore edilizio della Capitale.

Purtroppo i problemi per la Comunità ebraica di Roma non erano finiti e le leggi razziali fasciste del 1938 furono uno degli episodi più bui della nostra storia, culminato col rastrellamento del 1943, ad opera dei nazisti.

Quei tempi fortunatamente sono passati, ed il Ghetto ora è una delle zone più belle e cariche di storia di tutta Roma, retto da una Comunità che sente fortemente l’importanza di mantenere la propria identità, in un rapporto di stretta collaborazione con le comunità non ebraiche.

A conferma dei rapporti di reciproca stima e rispetto, gli ultimi tre papi si sono recati più volte in visita alla Sinagoga, vero punto di riferimento per la Comunità Ebraica Romana.

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Il Ghetto: un vero museo a cielo aperto!

I tempi della segregazione sono lontani ed ora quel piccolo fazzoletto di terra che viene ancora chiamato Ghetto si riconosce per l’imponente mole della Sinagoga, che si staglia sul Lungotevere, di fronte all’Isola Tiberina. Al suo interno si trova il Museo Ebraico, che custodisce gelosamente le testimonianze della lunga storia della Comunità di Roma.

Il Ghetto ha una caratteristica preticamente unica: in pochi metri quadrati possiamo ammirare testimoniane storiche ed artistiche appartenenti a tutte le epoche: dai ruderi romani, alle stestimonianze medievali, a quelle rinascimentali, ai palazzi in stile umbertino che danno sul Lungotevere. Basta fare un giro da via del Portico d’Ottavia a piazza delle Cinque Scole ed in pochi metri si ripercorrono millenni di storia.

Ma il Ghetto non è solo questo, è anche cucina (che spesso non ha nulla da invidiare all’arte): tutta la zona è costellata da negozi e locali tipici, dove poter assaporare i veri piatti giudaico-romaneschi, frutto di una tradizione secolare.

Per tutto ciò che riguarda il mondo ebraico, potete consultare il sito della CER (la Comunità Ebraica di Roma), un ente senza scopo di lucro che garantisce ai propri iscritti tutta una serie di servizi nell’ambito di attività sociali, ricreative e culturali, ed è situata in Largo Stefano Gaj Taché.

In poche parole, il vecchio Ghetto per fortuna non c’è più, ed è stato sostituito da uno dei quartieri più amati di Roma: che sia per la sua storia millenaria, per la bellezza delle testimonianze artistiche, per l’ottima cucina o per l’affabilità di chi lo abita, sta a voi decidere!

Bellacarne: nel cuore pulsante del Ghetto!

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In Via del Portico d’Ottavia 51, una delle strade più caratteristiche del Quartiere Ebraico, sorge Bellacarne, il ristorante kosher che ha fatto della genuinità e qualità dei piatti il suo cavallo di battaglia.

Se volete assaporare il gusto antico della cucina giudaico-romanesca, rivisitata con fantasia ma sempre nel rispetto della tradizione, nel nostro menu trovarete:

  • Affetttati fatti in casa
  • Primi piatti romaneschi in versione kosher
  • Carni kosher certificate preparate allo spiedo e al girarrosto
  • Dolci di nostra produzione
  • Pane appena sfornato

Il nostro ristorante prepara pasti per celiaci e per intolleranti al lattosio, organizza la colazione del Sabato e pasti Shabbat.

Per venire incontro a chi vuole assaggiare le nostre specialità, ma non ha molto tempo e non vuole spendere molto, abbiamo approntato delle formule speciali per il pranzo, valide tutti i giorni.

Sia che non abbiate mai provato la cucina kosher, sia che vogliate provarne una un po’ diversa, che coniuga perfettamente i classici piatti romaneschi con la tradizione ebraica, venite a trovarci: siamo aperti dalle 12:00 alle 24:00, esclusi il Venerdì a cena ed il Sabato a pranzo.

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