La produzione di vino kosher
Una volta capite le caratteristiche e le regole alla base del vino kosher, non ci resta che vedere in quali parti del mondo e d’Italia si realizza la produzione di vino kosher.
Israele è il primo produttore mondiale di vino kosher; questo non significa, ovviamente, che tutti i vini israeliani siano kosher, anzi la maggior parte del vino prodotto è non-kosher. La produzione di vino iniziò in quella che adesso è Israele nella seconda metà dell’800, quando furono aperte le prime cantine ed importate le prime varietà vinicole europee. A partire dagli anni ’90 del ‘900, la produzione vinicola israeliana è migliorata grazie all’adozione di metodi produttivi più professionali ed alla scelta più consapevole delle uve migliori.
Attualmente il mercato del vino in Israele vale 180 milioni di dollari ed il 70-80% delle produzione è rivolto al mercato locale. Particolarmente prospera, in termini vinicoli, la zona della Galilea che grazie all territorio e al clima favorevole ospita numerosi e vasti vitigni nonché nomi quali Margalit Winery, la prima boutique del vino israeliana, e Binyamina Winery, fondata negli anni ’50 e quarta produttrice israeliana di vino con 2,8 milioni di bottiglie.
La produzione vinicola israeliana, inoltre, diventa sempre più sofisticata e ed il mercato offre ormai vini come il Cabernet Sauvignon o il Merlot.
Al primo posto per produzione europea di vino kosher vi è la Francia dove circa il 25% degli ebrei (200-250 mila persone) consuma vino kosher, il cui prezzo è di circa il 30% in più rispetto al corrispettivo non kosher. Tra i vini kosher francesi troviamo anche Chateaux di Bordeaux e della Borgogna. Anche in Italia sorgono nuove cantine dedicate al kosher, attualmente circa una trentina: tra le etichette kosher italiane più famose c’è l’Aglianico Rosh di Feudi San Gregorio, etichetta 100% kosher.
L’anno sabbatico interrompe la produzione di vino kosher israeliano
Parlando di vino kosher, non si può ignorare che gli anni 2014 e 2015 sono particolari. Infatti per rispettare una legge della Torah, relativa ad Israele ma non ad altre nazioni, a partire da settembre 2014 e fino a settembre 2014, la produzione di vino kosher in Israele cesserà. La produzione di vino kosher israeliano si prenderà, è proprio il caso di dirlo, un anno sabbatico.
Per questo l’anno sabbatico rappresenterà un’opportunità per quelle imprese vinicole italiane ed europee che si sono cimentate nella produzione di vino kosher tuttavia la situazione non è così semplice come potrebbe sembrare.
Dedicarsi alla produzione di vino kosher non è facile poiché i costi sono elevati ed il mercato è ristretto. A questo si è aggiunta la mai assente crisi economica, che ha ridotto la richiesta di prodotti di prezzo medio-elevato. Aumentano gli acquisti di persone non osservanti, che vogliono assaggiare il vino kosher per curiosità o perché considerano la certificazione kosher un sinonimo di genuinità, ma questo non basta a far esplodere la domanda. L’euro forte, poi, non aiuta l’esportazione del prodotto in Israele e USA, dove, come sappiamo, vi è una presenza estesa di comunità ebraiche.
Se a questo si aggiunge il fatto che i produttori israeliani, in previsione dell’anno sabbatico, hanno stoccato maggiori quantità di vino, si capisce come non sarà così immediato sfruttare il buco produttivo che si è venuto a creare.
Vino kosher: è più sano?
Il fatto che molti consumatori di vino kosher non siano ebrei osservanti ma piuttosto consumatori curiosi o attenti alla genuinità, fa riflettere sul fatto che il mercato chieda vini più sani e genuini.
Kosher non è sinonimo di biologico, ma la sua produzione etica e pulita, pur spinta da motivazioni religiose, è apprezzata anche da chi religioso non è. E per questa maggiore genuinità i consumatori sono disposti a pagare di più. Per questo alcuni produttori di vino kosher potrebbero orientarsi anche verso una produzione biologica o biodinamica, in modo da attirare nuovi consumatori.